Codice Penale art. 270 quinquies - Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (1) (2).

Angelo Valerio Lanna

Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (1) (2).

[I] Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata, nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'articolo 270-sexies (3).

[II] Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (4).

(1) Articolo inserito dall'art. 15, comma 1, d.l. 27 luglio 2005, n. 144, conv., con modif., in l. 31 luglio 2005, n. 155In tema di misure di prevenzione, v. art. 4, comma1 lett. d)e (per una particolare aggravante) 71 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

(2) Ai sensi dell’art. 1, comma 3 bis, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif. in l. 17 aprile 2015, n. 43, la condanna per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando è coinvolto un minore.

(3) L'art. 1, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif., in l. 17 aprile 2015, n. 43, ha inserito, l'ultimo periodo in fine al comma, e ha inserito la parola "univocamente" in sede di conversione.

(4) Comma inserito dall'art. 1, d.l. n. 7 del 2015, conv., con modif., in l. 17 aprile 2015, n. 43. In sede di conversione sono state aggiunte le parole "di chi addestra o istruisce".

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 3, c.p.p.)

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Delitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato.

Per ciò che attiene al bene giuridico tutelato, lo si è definito nel modo che segue: “Bene tutelato è la sicurezza dello Stato e l'ordine pubblico, minacciati dal possibile compimento degli atti di violenza o di sabotaggio, oltre che la tutela dei rapporti con gli altri Paesi e della sicurezza internazionale” (Farini-Trinci, 45).

Il legislatore ha configurato il presente delitto come ipotesi residuale, prevedendo una clausola di riserva e quindi stabilendone una relazione di sussidiarietà, rispetto all'ipotesi principale ex art. 270-bis c.p.p. (la figura tipica può infatti restare integrata, testualmente: “al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis”).

Per quanto attiene alla ratio della disposizione in esame, è stato osservato come la creazione di norme strutturate quali reati di pericolo — con conseguente arretramento della soglia di punibilità, secondo la logica dell'intervento preventivo — si riveli comunque indispensabile, laddove si intenda apprestare una efficace risposta sanzionatoria dell'ordinamento. L'alternativa sarebbe infatti costituita dal rifugiarsi nella figura generale del tentativo, così “consentendo alla polizia giudiziaria di arrestare il terrorista solo quando costui ponga in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a uccidere, per es. azionando il dispositivo elettronico che provoca l'esplosione della bomba.” (Bonini, 2216, il quale poi sottolinea anche come la norma in esame si collochi sul solco delle disposizioni ex art. 270-quater e 497-bis, che rappresentano “condotte tipiche dell'esperienza di cellule islamiste operanti in Italia e legittimamente «nel mirino» di documenti transnazionali; si tratta infatti di comportamenti che non corrispondono all'esercizio di alcuna libertà fondamentale e che non sono espressivi di mero dissenso o contiguità ideologica con autori di crimini ma che anzi risultano strettamente funzionali rispetto alla futura commissione di reati”).

I soggetti

Soggetto attivo

Trattasi di un reato comune, appunto perché se ne può rendere protagonista chiunque. Dunque sia il cittadino italiano, sia lo straniero.

L'ultimo periodo del primo comma delinea poi la fattispecie come un delitto plurisoggettivo necessario, prevedendo la punibilità anche del soggetto addestrato.

Soggetto passivo

Questo è in primo luogo lo Stato italiano, quale titolare dei beni giuridici protetti dal tipo di aggressione sanzionata dalla norma. Possono poi esserne soggetti passivi, per espressa previsione normativa, anche uno Stato estero, nonché una istituzione o un organismo internazionale.

Materialità

La descrizione della condotta tipica è estremamente ampia e dettagliata. Integra infatti tale fattispecie il fatto di chi:

a) addestri altri, ossia renda taluno sufficientemente esperto nel campo specifico di seguito descritto, facendo in modo che questi apprenda le metodologie e le nozioni tecniche utili per il compimento di determinati atti. Si richiede qui una attività di concreta trasmissione di competenze, che siano veramente idonee a porre il soggetto ricevente nelle condizioni di eseguire fatti definibili terroristici. In dottrina, sul punto, si è scritto che: “le condotte di addestramento e fornitura di istruzioni sulla preparazione e sull'uso di materiale esplosivo, armi, etc. — represse dall'art. 270-quinquies —, non potranno consistere nella mera fornitura di videocassette che riproducano, ad esempio, immagini di combattimenti in Cecenia o di attentati terroristici in Afganistan e/o in Iraq. Si dovrà invece trattare di condotte realmente idonee a consentire l'esecuzione di attentati, e quindi, di informazioni su tecniche che consentano di riprodurre il compimento di simili azioni. Solo a queste condizioni si tratterà di istruzioni sulle tecniche terroristiche capaci di permettere, a chi le riceve, la concreta esecuzione di atti terroristici, come quelli visti nelle videocassette” (Marinucci, 1). È stato altresì sottolineato come il modello legale punisca il fatto dell'addestramento, o comunque della fornitura di istruzioni di tipo militare, con finalità terroristica. Ciò che rende doveroso mantenere salda la distinzione tra i concetti di formazione e di semplice informazione (qualcosa di intermedio, dunque, tra l'attività didattica e la divulgazione), espellendo dall'alveo previsionale della norma le condotte che si situino ad uno stadio di sviluppo più embrionale, rispetto all'effettivo insegnamento; che siano più correttamente definibili, quindi, alla stregua di una mera proposta ideologica (Alpa-Garofoli, 89).

b) fornisca istruzioni inerenti alla preparazione o all'uso di determinate cose, che sono pure richiamate dalla norma in maniera molto puntuale e particolareggiata. Dunque trasmetta a terzi le informazioni utili perché — magari anche in modo, come dire, elementare e rudimentale — si possa essere in grado di preparare (sarebbe a dire comporre, costruire, confezionare, rendere idoneo all'impiego proprio), ovvero di utilizzare (ossia di usare con una almeno soddisfacente capacità, essere in grado di far funzionare in modo pur minimale), i seguenti strumenti:

- materiali esplosivi di qualsivoglia tipologia (ci si riferisce a bombe anche oltremodo artigianali, a congegni magari dotati di timer o di comando a distanza, a ordigni di qualsiasi genere, purché chiaramente connotati da una effettiva — anche se bassa — potenzialità lesiva);

- armi da fuoco (rientrano in tale categoria le armi di ogni tipo, dimensione ed attitudine nociva; la fattispecie criminosa ha dunque qui un spettro applicativo davvero vastissimo);

- altre armi (si tratta quindi di armi bianche, ossia di lame, coltelli, spade e quanto altro sia intrinsecamente dotato di una possibilità di uso a fini eteroaggressivi);

- sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose (e pertanto aggressivi chimici, gas tossici, batteri, o anche germi che diffondano malattie e via dicendo)

- ogni altra tecnica o metodo (qui vi è quasi una descrizione aperta, che pare voler ricomprendere anche eventuali nuovi sviluppi tecnologici o scientifici, purché adoperabili ai fini che ora interessano).

La norma postula poi che tutto ciò sia adoperabile per il compimento di atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale (si richiama qui quanto esposto sub art. 270). La delimitazione normativa del concetto di servizio pubblico essenziale si trova nel dettato dell'art. 1 l. n. 146/1990, laddove ne è contenuta una definizione a soli fini classificatori, dunque non tassativa. La norma si riferisce a quei servizi che — qualunque sia la natura giuridica del rapporto di lavoro instaurato, quindi anche se espletati in regime di concessione o per mezzo della stipula di convenzioni — appaiano comunque strumentali a garantire il godimento di diritti della persona costituzionalmente tutelati. Trattasi pertanto del diritto alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libera circolazione, ma anche all'assistenza ed alla previdenza sociale e infine all'istruzione. Il legislatore ha qui allora inteso riferirsi ad atti concreti di completa distruzione — o anche di parziale ma significativo danneggiamento — posti in essere nei confronti ad esempio di linee di trasporto o di mezzi di comunicazione (aeroporti, ferrovie, porti, autostrade, eccetera) o di informazione, ovvero magari nei confronti di ospedali o scuole di ogni tipo.

La novella ultima (art. 1, comma 3 lett. a) d.l. n. 7/2015, conv., con modif., in l. l. n. 43/2015) ha poi condotto entro l'area penalmente rilevante anche la condotta consistente nel cd. autoaddestramento.

Giova sul punto sottolineare un aspetto molto rilevante. Il soggetto che maturi autonomamente le competenze necessarie per l'uso di strumenti, ordigni, congegni — ovvero che comunque affini metodi o tecniche del tipo sopra descritto — potrà essere perseguito solo a condizione che ponga poi in essere, testualmente, comportamenti univocamente finalizzati alla commissione di condotte sussumibili entro l'alveo normativo dell'art. 270-sexies. Il legislatore, quindi, non ha inteso qui punire l'acquisizione fine a sé stessa delle nozioni, in assenza del compimento di atti ricadenti sotto il sistema senso-percettivo; ciò all'evidente fine di non sconfinare nel diritto penale del sospetto o della mera intenzione. Ha così preteso il materiale impiego di tali nozioni, in attività di inequivocabile significazione.

Il concetto di autoaddestramento è stato così efficacemente definito: “Vale allora osservare che un'altra fattispecie che viene introdotta per corrispondere ai dettami delle Nazioni Unite, è proprio quella che mira a punire l'auto-addestramento, cioè, come indicato nella relazione di accompagnamento, la condotta «di chi si prepara al compimento di atti di terrorismo, attraverso una ricerca e un apprendimento individuali e autonomi delle “tecniche” necessarie a perpetrare simili atti» (Amato,  81).

È condotta ricompresa nel comma 1 dell'articolo 270-quinquies, in origine

destinato a punire solo la condotta dell'addestratore di altri ad attività terroristiche. Per evitare ingiustificate estensioni, il nuovo reato, come quello dell'addestratore, è punito a titolo di dolo specifico, ergo la condotta deve essere caratterizzata dalla finalità di terrorismo (per la cui nozione, si veda l'articolo 270-sexies del codice penale). Come detto, il dimostrato auto-addestramento, in virtù della clausola di riserva contenuta nell'articolo 270-quater, comma 2, assorbe la condotta di arruolamento.” (Amato, 81).

Si rammenta infine il potere di ordinare la rimozione dei contenuti immessi per via telematica, riservato al P.M. ex art. 2 d.l. n. 7/2015, allorquando proceda per il delitto in commento (v. sub art. 270-bis).

Il Supremo Collegio ha precisato come il modello legale in commento resti integrato nella condotta di colui che – dopo aver acquisito in via autonoma quel bagaglio di informazioni che sono direttamente strumentali rispetto al compimento di atti qualificati dalla finalità di terrorismo anche internazionale - realizzi necessariamente comportamenti significativi in concreto, che siano inequivocabilmente finalizzati alla perpetrazione delle condotte di cui all'art. 270-sexies c.p.

Secondo l’insegnamento della Corte, il paradigma normativo postula pertanto che non ci si arresti ad una attività di semplice raccolta di dati informativi, oppure anche alla manifestazione di personali scelte ideologiche. I Giudici di legittimità hanno infatti ritenuto ricorrere gli estremi di tale figura delittuosa in presenza di una variegate congerie di indici materialmente apprezzabili, quali ad esempio: la detenzione di video e immagini che siano riferibili alla propaganda terroristica in favore del c.d. Stato islamico; il possesso di materiale che illustri tecniche per la preparazione di ordigni esplosivi (scaricato da internet in modo molto ricorrente e per un prolungato lasso temporale, a riprova della non occasionalità dell’accesso); il possesso di appunti manoscritti riproducenti simboli e pratiche terroristiche dell'"Isis" e in cui l'indagato si definisca "servo di Allah" pronto al martirio; l’inserimento in gruppi telefonici e canali di propaganda jihadista, all’interno dei quali abitualmente si espongano propositi terroristici, nonché di celebrazione del martirio e della guerra santa contro gli infedeli; il ritrovamento di materiale utile per la fabbricazione di un ordigno, sebbene rudimentale. (Cass. V, n. 22066/2020).

Elemento psicologico

Il coefficiente psicologico richiesto dalla norma è il dolo specifico: occorre dunque la consapevolezza e volontà di compiere condotte di addestramento in favore di altri soggetti, affinché questi a loro volta si rendano autori di atti terroristici.

Si è giustamente precisato come — nel compiere una corretta esegesi della norma — l'interprete debba aver sempre presente la portata del principio di offensività di cui all'art. 25 Cost. Ossia, nell'ambito dell'accertamento del dolo specifico, occorrerà oltrepassare lo stadio “meramente psicologico (rappresentazione e volontà di realizzazione della finalità oggetto del dolo specifico) e verificare che gli atti posti in essere dall'agente appaiano idonei alla realizzazione dello scopo avuto di mira dall'agente, sulla scorta di un giudizio ex ante in concreto del tutto simile a quello richiesto in sede di accertamento dell'idoneità degli atti nel delitto tentato” (Valsecchi, 903).

Cass. I,  n. 7898/2019 ha precisato come – perché possa restare integrato il reato di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale – debba ricorrere sotto il profilo dell’elemento psicologico un duplice dolo specifico. Tale dolo si connota non solo per la volontà di porre in essere una condotta che materialmente sia atta alla realizzazione di atti di violenza o di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, ma anche per la presenza di una delle finalità di terrorismo che sono specificamente indicate dall'art. 270-sexies; finalità la cui sussistenza deve poi essere processualmente acclarata, in virtù di emergenze ricavabili nel caso concreto (il principio di diritto si trova già espresso in Cass. I, n. 29669/2011 e Cass. I, n. 29671/2011).

Consumazione e tentativo

La norma in esame delinea un reato di pericolo, che anticipa la soglia di punibilità; essa riconduce dunque entro l'alveo del penalmente rilevante una tipica attività prodromica, rispetto all'effettiva concretizzazione di gesti genuinamente definibili come terroristici.

La condotta tipica si consuma nel momento in cui “inizia l'addestramento ovvero vengano fornite le istruzioni” (Aprile, in Rassegna Lattanzi-Lupo, IV, 215).

Si ritiene in genere non configurabile il tentativo.

Forme di manifestazione

Circostanza aggravante

L'art. 1 comma 3 d.l. n. 7/2015 cit., conv., con mod., in l. n. 43/2015, ha introdotto una circostanza aggravante di tipo oggettivo. Questa si realizza allorquando l'opera di addestramento o istruzione venga compiuta servendosi di strumenti di tipo informatico o telematico.

La ratio dell'aggravante sembra da ricercare nella maggiore potenzialità diffusiva che tali condotte informative assumono, laddove siano poste in essere mediante l'utilizzo di strumenti capaci di amplificare la portata del messaggio. Pare quindi corretto richiedere, in tal caso, almeno l'esistenza di un collegamento in rete o comunque la possibilità di inserimento in circuiti diffusivi di vario genere e comunque denominati.

Casistica

Verranno qui riportate alcune tra le più significative pronunce del Supremo Collegio, evidenziandosi di volta in volta il particolare aspetto che le stesse affrontano:

- circa la delimitazione della tipologia di condotta penalmente rilevante, la Corte ha precisato come non possa esser reputato conforme al paradigma normativo — sotto il profilo dell'elemento oggettivo — il fatto di chi svolga una semplice opera di informazione e di proselitismo. Tale attività, infatti, non è in grado di trasmettere al destinatario quelle competenze tecniche pur minimali, che possano però avere l'attitudine a renderlo capace di compiere uno dei gesti descritti dalla lettera della legge (preparare o materialmente adoperare armi, predisporre all'uso materia esplodente, preparare sostanze nocive o comunque pericolose). In realtà, quindi, la condotta di informazione o proselitismo non ha una potenzialità didattica immediata, risolvendosi essa nella mera propalazione di notizie, quasi con valore di prospettazione solo ideologica (Cass. I, n. 4433/2013);

- per quanto attiene al versante soggettivo del reato, la Cassazione ha poi spiegato come la norma in commento esiga la sussistenza di un duplice dolo specifico. Questo è qualificato tanto dalla volontà di porre in essere un comportamento concretamente idoneo alla perpetrazione di atti di violenza o sabotaggio, quanto dalla condivisione della finalità terroristica (Cass. VI, n. 29670/2011);

— i Giudici di legittimità si sono poi espressi in ordine alla irrilevanza penale della condotta serbata da chi si atteggi a mero soggetto informato. Hanno infatti statuito come soggetto attivo del reato de quo possa divenire colui che addestri (ossia, che direttamente munisca la persona recepente delle nozioni indispensabili, per essere in grado di compiere determinate azioni), ovvero che informi (sarebbe a dire, che si attivi nella collazione e trasmissione di elementi conoscitivi validi, così fungendo da centro propulsore di nozioni), nonché infine colui che venga addestrato (questi è la persona che offra la propria disponibilità all'apprendimento delle nozioni dettagliatamente indicate dalla norma, anche prescindendo dalle effettive sue abilità esecutive e dalla sua attitudine quale allievo, oltre che dalle abilità didattiche dell'addestratore). Resta pertanto esclusa — secondo l'impostazione della Corte — la figura del soggetto che appaia come un mero informato. Di colui che quindi solo occasionalmente percepisca le nozioni suddette, restando avulso da un contesto — pur se implicito — definibile quale addestramento o insegnamento; e che poi, a sua volta, non ritrasmetta a terzi le informazioni pur casualmente raccolte, così magari divenendo a sua volta informatore o addestratore (Cass. I, n. 38220/2011): in tema di delimitazione oggettiva della condotta punita, si segnala anche la recente Cass. V, n. 6061/2017, a mente della quale il modello legale in esame postula sempre – pure in ordine alle condotte descritte dall’ultima parte del comma 1 – che vengano poste in essere condotte significative dal punto di vista materiale; ne restano quindi escluse sia la mera attività neutra di sola collazione di informazioni, sia la semplice manifestazione di una scelta ideologica. Nella parte motiva della pronuncia è poi possibile rinvenire una profonda valorizzazione del termine “univocamente”, adoperato dal legislatore; un avverbio evidentemente inserito al precipuo fine di scongiurare la possibile indeterminatezza del precetto penale. Ciò che quindi è punito dalla norma non è la mera acquisizione personale delle nozioni (attività garantita già dall’art. 21 Cost.), bensì l’uso che poi di queste si faccia, ad opera di soggetti che spesso agiscono in piena autonomia (i cd. lupi solitari). Lo schema quindi da adoperare – per riconoscere la sussistenza di una finalità terroristica nei comportamenti adottati – è quello ben noto, del cd. pericolo concreto.  

- prima della già menzionata novella (art. 1 comma 1 d.l. n. 7/2015, conv. con modif. in l. n. 43/2015), la Corte si era pronunciata in ordine ai rapporti tra la fattispecie in esame e quella di cui all'art. 270-bis. Aveva così chiarito come la condizione dell'arruolato (al tempo non punibile ex art. 270-quater c.p.) o dell'addestrato (punibile, invece, ai sensi dell'art. 270-quinquies) non precludesse la eventuale configurabilità — a carico di questi — di una responsabilità per il reato associativo di cui all'art. 270-bis, allorquando essi fossero divenuti organici alla struttura terroristica in nome e per conto della quale fossero avvenuti l'arruolamento o l'addestramento. Secondo i Giudici di legittimità, quindi, l'introduzione delle fattispecie ex artt. 270-quater e 270-quinquies rispondeva ad una ratio estensiva — e non riduttiva — dell'area del penalmente rilevante (Cass. V, n. 39430/2008).

 

Profili processuali

Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare.

Per esso:

a) è possibile disporre intercettazioni;

b) l'arresto in flagranza è previsto come obbligatorio; il fermo è consentito;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali;

d) L’art. 2 comma 4 d.l. n. 7/2015 riserva al del p.m. il potere di ordinare la rimozione dei contenuti immessi per via telematica, allorquando proceda per il delitto in commento (v. sub art. 270-bis).

Pene accessorie

Ai sensi dell'art.1 comma 3-bis d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv. con modif., in l. 17aprile 2015, n. 43, la persona condannata per un fatto previsto dall'articolo in commento — allorquando in essi sia coinvolto un soggetto minore di età — viene privata della responsabilità genitoriale, ai sensi dell'art. 34, come sostituito dall'art. 93 d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154. Sembra chiaro come il minore debba considerarsi coinvolto — agli effetti che ora interessano, quando la sua condotta possa astrattamente integrare, pur laddove si tratti di inimputabile perché infraquattordicenne — una forma di partecipazione concorsuale causalmente efficiente, rispetto al fatto ora punito.

Esclusione dall’indulto

L'indulto concesso con l. 31 luglio 2006, n. 241 non si applica, ex art. 1 comma 2 lett. a) n. 4 stessa norma, ai fatti previsti dal presente articolo.

Responsabilità degli enti

L'art. 25-quater d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 prevede la responsabilità degli enti, allorquando vengano perpetrati fatti delittuosi caratterizzati da un fine di terrorismo o di eversione. Laddove l'ente stesso, ovvero anche solo una sua struttura parziale, vengano utilizzati in via principale — oppure almeno in via prevalente — con la finalità di consentire o agevolare la commissione di fatti terroristici o eversivi, si potrà irrogare la sanzione interdittiva dall'esercizio dell'attività, in via definitiva, ai sensi dell'art. 16 comma 3 d.lgs. n. 231/2001.

L'art. 2 comma 4 d.l. n. 7/2015 riserva al del P.M. il potere di ordinare la rimozione dei contenuti immessi per via telematica, allorquando proceda per il delitto in commento (v. sub art. 270-bis).

Bibliografia

Alpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Roma, t. I, 2015; Amato, Puniti anche i soggetti arruolati per andare a combattere all'estero, in Guida dir. 2015, n. 19; Bartoli, L’autoistruzione è più pericolosa dell’addestramento e dell’istruzione: verso un sovvertimento dei principi?, in Dir. proc. e pen. 5/2017, 629; Bonini, Lotta alla criminalità organizzata e terroristica, garanzia dell'individuo, garanzia della collettività: riflessioni schematiche”, in Cass. pen. 2009, fasc. 5; Farini-Trinci, Diritto Penale - Parte Speciale, Roma, 2015; Valsecchi, L'accertamento del (doppio) dolo specifico nel reato di addestramento ad attività con finalità di terrorismo” in Cass. pen. 2012, 3; Marinucci, Soggettivismo e oggettivismo nel diritto penale: uno schizzo dogmatico e politico-criminale”, in Riv. it. dir. proc. pen. 2011, n. 1; Messina-Spinnato, “Manuale breve Diritto Penale”, Milano, 2018.

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